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Author: | Mazum Nikozuru |
Country: | Qatar |
Language: | English (Spanish) |
Genre: | Photos |
Published (Last): | 1 February 2016 |
Pages: | 87 |
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Introduzione dei curatori
Recommended CitationTosi Cambini, Sabrina and Frosini, Fabio, Introduzione dei curatori, International Gramsci Journal1836-6554Introduzione dei curatoriSabrina Tosi Cambini-IntroduzioneUmano e politico: essere con GramsciSabrina Tosi Cambini e Fabio FrosiniSabrina Tosi Cambini, Fabio Frosini e il direttore della rivista, Derek Boothman, dedicano questo numerodello ?International Gramsci Journal? agli antropologi e alle antropologhe che ci hanno lasciatonel corso di questo ultimo anno: Giulio Angioni, Clara Gallini, Antonino Buttitta,Ugo Fabietti, Tullio Seppilli e Amalia Signorelli. Quest?ultima, come ancheAngioni e Gallini, erano stati coinvolti direttamente nella realizzazione diquesto fascicolo: gli ultimi due avrebbero contribuito con un?intervista,che per entrambi era gi? in avanzata fase di preparazione, mentreSignorelli aveva annunciato un testo dal titolo evocativoGli agglomerati indigesti. A tutte/i loro vala nostra gratitudine per aver illuminatola disciplina antropologica einaugurato insostituibilifiloni di ricerca.?1. Perch? Gramsci1In questo cattivo presente, in cui una intera generazione diantropologi e antropologhe se ne sta andando, maestri che hanno dato formaalla disciplina stessa in Italia, questo numero su Gramsci e l?antropologia cisembra poter essere un omaggio al passato come al futuro: cercare distare dentro i processi storici consapevolmente, con la prontezza e ilcoraggio di rispondere alla sfide sempre pi? ardue per contribuire acostruire un mondo pi? giusto. Porsi la questione di onorare la lezionedei nostri maestri, ? per chi scrive, anzitutto pensare all?antropologiacome ha indicato Tullio Seppilli: ?ricerca nel cuore stesso della societ?,dei suoi problemi e delle sue ingiustizie. Un?antropologia per ?capire?,ma anche per ?agire?, per ?impegnarsi?? (2014, 74). Sono percorsi chechiedono all?intellettuale di impregnare la propria biografia di studio ebattaglie, posizionamenti, piena circolarit? tra teoria e pratica.1 Il cap. 1 di questa Introduzione ? stato scritto da Sabrina Tosi Cambini, il 2 da Fabio Frosini.Durante i corsi universitari di sociologia a Urbino negli anni ?90 e lenotti alle retrospettive cinematografiche studentesche, le Lettere sonostate il mio primo incontro con Gramsci, un incontro personalissimo:prima ha risuonato in me l?uomo Gramsci, poi il suo profondo sensoumano della lotta politica e il suo metodo. Infine, la totale coerenzadella sue scelte con il proprio pensiero2: la sua vita era traduzioneconcreta dei suoi scritti, incarnati anzitutto da lui stesso, posizionatodentro il campo d?azione del reale. Persino dal carcere ? riuscito adintervenire sul mondo, tramutando l?analisi stessa in prassi (poich? prassi ?il modo attraverso il quale l?uomo come agente storico-sociale conoscee trasforma il mondo, grazie all?utilizzo delle proprie conoscenze e nelrapporto denso col contesto storico).Quell?intimit? iniziale ? rimasta nel mio approccio al filosofo sardo,quasi come una reverenza. Via via che la mia formazione, prima, e laricerca scientifica, dopo, si avvicinavano e si immergevano sempre dipi? nella coscienza critica e nell?impegno politico, nel mio interesseposizionato dentro alla cose e non fuori di esse, pi? aumentava il sentireGramsci come un maestro al pari degli altri che lo sono o lo sono statiin carne e ossa.Lo iniziavo a sentire vicino non gi? solo come pensiero, ma comeesempio. La figura dell?intellettuale organico che teorizzava, e chesostanzialmente corrispondeva a se stesso, rappresentava sempre pi? ilriferimento costante per la sviluppo di uno sguardo critico, riflessivo epolitico sulla societ?. Gramsci svela, oltre che indicare il metodo percapire, agire, trasformare. Quella trasformazione molecolare (si veda lalettera del 6 marzo 1933 a Tatiana) che delinea una microfisica del potere,e i suoi processi di incorporazione, anticipando Foucault, ? forse ladescrizione pi? immediata, e per questo ancora pi? sconcertante, di ci?che avviene a ciascuno di noi in interazione con il proprio ambiente2 ?Gramsci fa una scelta di classe [?] Come collocare, nel nostro odierno immaginario, la sceltaoriginaria di Gramsci di collocarsi, di andarsi a mettere (a partire da una sorta di ribellismopiccoloborghese, che avrebbe potuto avere molti e diversi esiti) nell?ambito di quell?angolo visuale ristrettoe rischioso, ma anche fecondo, che possiamo definire il punto di vista operaio? D?altronde,ricordare Gramsci senza ricordare quella sua scelta giovanile e definitiva, sarebbe un vano e sterile ricordo?(Asor Rosa 1987).sociale3; di quanto nessuno sia immune da questo processo, e dellanecessit? allora di indagare ci? che avviene in noi, prima che fuori di noi,per comprendere ? e cercare di sfuggire ? ai meccanismidell?egemonia, e in particolare a quel consenso, che quel concetto cos? complessomette in risalto, ma che molta letteratura ha indebolito non soloteoricamente, ma nella sua forza pi? rivoluzionaria.Per me, che sono un?antropologa, la connessione fra le dimensionidel micro e del macro, riuscire a individuare quei sottilissimi e cos?potenti fili che legano le vite alle configurazioni coercitive dello Stato edelle egemonie culturali, rappresenta un nodo centrale della miaspeculazione emica ed etica.La stretta della maglia del potere sulle vite, ma anche la capacit? dicomprensione di quali siano i meccanismi che sono all?opera in quelladimensione piccola, che fa s? che la riproduzione dei rapporti di poterenon si scardini a livello politico, ? fondamentale. Mettere a fuocoquella circolarit? egemonica in contesti precisi ci permette allora diindividuare i punti chiave dei meccanismi e dei processi per lavorarci sopra.Un lavoro intellettuale agente, che non si risparmia.Leggendo le Lettere e i Quaderni in parallelo ? come ormai gli studiosidi Gramsci fanno abitualmente, quale migliore via per comprendere ilsuo pensiero ? quel volgersi riflessivo del pensiero di Gramsci, anchequi in netto anticipo con le teorizzazioni della seconda met? del XXsecolo, emerge chiaramente nella sua doppia dimensione: unariflessivit? sul noi, quale societ? storicamente determinata e determinatasi, esull?io, quale fonte prima e ultima in cui si coagulano, si riproducono ehanno effetto i meccanismi del potere. Un potere non generico egenerale, di cui troppe volte si discute, ma ben incarnato dagli uomini edalle donne delle istituzioni e dalle loro produzioni. ?Come ti ho dettouna volta, non mi piace tirar sassi nel buio: voglio sentire uninterlocu3 ?Le lettere di Gramsci sono il diario di un uomo sottoposto, da una inumana battaglia storicae politica, a un grande, tragico, concreto esperimento del destino sull?anima e sul corpo di un esseredi carne e ossa?. Quando Debenedetti pronunci? il discorso per l?assegnazione del PremioViareggio 1947 alle Lettere dal carcere(testo pubblicato molti anni dopo, nel 1972; cfr. Debenedetti 1972)eparl? del metodo umano di Antonio Gramsci, al cui centro sta quella nozione di molecolare, la famosa esopracitata lettera a Tatiana, contenente la metafora dei naufraghi, non era stata ancora pubblicata.Lo sar? solo nel 1965.tore o un avversario in concreto?. Cos? nella lettera a Tatiana del 15dicembre 1930(Gramsci 1965, 390).Stimolata da un rinnovato interesse dell?antropologia italiana per lafigura e il pensiero di Antonio Gramsci, ho proposto a Fabio Frosinidi curare assieme una sessione all?interno del III Convegno dellaSociet? Italiana di Antropologia Applicata4 dedicata a Gramsci. Il convegnosi prestava bene, a mio avviso, a ospitare questa sessione, perch? eraincentrato sull?uso pubblico dell?Antropologia e in relazioneinterdisciplinare. Nel ?riavvicinamento? al maestro sardo mi era apparsonecessario, da una parte, continuare sulla strada indicata dal numero di?Lares? Gramsci ritrovato5, ossia quella di un dialogo che non siaestemporaneo con le scienze filosofiche e storiche (che in Italia da Gramsci nonsi sono mai allontanate del tutto)6; dall?altra, rafforzare questorinnovato interesse disciplinare attraverso una riflessione e una pratica chesapessero animare con Gramsci un dibattito denso e operativo ? sia dicarattere metodologico e disciplinare, sia di natura culturale e politica ?sul presente.4 Il convegno si ? tenuto a Prato nei giorni 15-17 dicembre 2015, in collaborazione con ilPINPolo universitario della citt? di Prato e IRIS.5 Questo numero di ?Lares?, a cura di Antonio Deias, Giovanni Mimmo Boninelli e EugenioTesta, pubblica gli interventi di due incontri di studio su Gramsci tenutisi a Nuoro nel 2007 e nel2008, tappe importanti nel recente riavvicinamento dell?antropologia italiana e il maestro sardo. Alrapporto costitutivo dell?antropologia italiana con Gramsci(Pizza 2010), infatti, ? basti pensare a deMartino a Cirese, e successivamente ai loro allievi, ? ? seguita nella disciplina una sorta di rimozionetrentennale, interrotta episodicamente nell?ultimo decennio da alcuni testi e seminari (tra cui ilseminario tenuto da Giovanni Pizza a Perugia), un certo interesse verso i Cultural, i Subaltern e iPostcolonial Studies, in particolare grazie agli scritti di Miguel Mellino, il citato numero di ?Lares? e i recentiseminari di Roberto Ciavolella all?EHESS di Parigi. La grande diffusione internazionale delpensiero di Gramsci ? da qualche tempo non solo all?origine di un?intera serie di innovazioni concettuali,che hanno sottratto il suo pensiero all?originaria collocazione nell?eredit? del PCI, profondamentearricchendone i riferimenti storici e disciplinari, ma d? luogo o rischia di dar luogo a confusioni,dovute ? soprattutto in ambito anglofono ? alla scarsa attenzione per le fonti e il contesto storico eculturale nel quale Gramsci crebbe e oper?, al quale per? ha corrisposto negli stessi anni in ambitoitaliano, un certo interesse da parte di alcune discipline, al quale prima si accennava per l?ambitoantropologico.6 ? stato proprio Giorgio Baratta, come sottolinea Pietro Clemente nell?Editoriale del citatonumero di ?Lares?, ?a pensare che Cirese che scrive di Gramsci nel 1969 Concezioni del mondo, filosofiaspontanea e istinto di classe, rivisto negli anni ?70, e che continua a dialogare con lui in vari saggisuccessivi [?], poteva essere ancora un riferimento per ri-trovare Gramsci e leggerlo in una chiaveitaliana e insieme internazionale?(Clemente 2008, 243).Il panel ?L?unit? della teoria e della pratica?. Gramsci vivente nelle pratiche enelle applicazioni delle scienze umane e sociali oggi raccolse quindi contribuitinon esclusivamente di antropologi, ma ? in un?ottica interdisciplinare ?di studiosi provenienti dalle scienze sociali e umanistiche, che si sonoavvicinati a Gramsci, studiandone gli scritti, e cercando di connettere lesue sollecitanti riflessioni e le sue singolari galassie concettuali(egemonia, intellettuali organici e tradizionali, organicit?, nazionale-popolare,filologia vivente, molecolare, solo per citarne alcune) alle questioniattuali, con un approccio che tende a quella ?unit? della teoria e dellapratica?(Gramsci 1975, 1482), che ? cos? centrale nella sua lezione.La frase citata pi? sopra tratta dalle Lettere ? anticipata da una sintesiche lo stesso Gramsci d? del significato da lui assegnato allo studio:?? anche il pensare ?disinteressatamente? mi ? difficile, cio? lo studioper lo studio [?]. Ordinariamente mi ? necessario pormi da un puntodi vista dialogico o dialettico, altrimenti non sento nessuno stimolointellettuale?. Per Gramsci, infatti, una teoria non ha nessun senso sestaccata dalla concreta realt? storica, i concetti teorici debbono essere?un?espressione? dei fenomeni, i quali non sono mai netti, marappresentano una sorta di porzione di quella realt?, i cui confini sono datidalla prospettiva adottata. Non solo, la teoria ? saldamente ancorataalle configurazioni empiriche della societ? storicizzata, ma ? con ci? checostituisce quest?ultima che deve confrontarsi.Nell?organizzare, con Fabio Frosini, questo numerodell??International? Gramsci Journal, a partire da quella sessione e dal dibattitosviluppato al suo interno7, abbiamo voluto dare un maggiore respiro alrapporto dell?Antropologia con Gramsci, non venendo meno ? inquesto contesto ? alla relazione di questa con altre discipline n? ad alcuniaspetti cardine di quel lavoro dal quale questo prende le mosse: la?natura profondamente politica del progetto intellettuale espresso neiQuaderni?(Crehan 2010, 24), e la vocazione trasformatrice che per7 Al panel parteciparono (in ordine di interventi): Riccardo Ciavolella (in forma di contributoscritto), Giuseppe Cospito, Alessandro Deiana, Lelio La Porta, Rocco Lacorte (in forma dicontributo scritto), Emiliano Alessandroni, Vanessa Bilancetti, Miguel Mellino (in forma di contributoscritto), Michele Fiorillo, Antonio Di Meo (in forma di contributo scritto), Veronica Redini, NataliaGaboardi, Nadia Breda. Infine, Amalia Signorelli ci fece l?onore di seguirne i lavori.Gramsci deve avere la conoscenza. Dove e in che modo ?, quindi,Gramsci nel gioco vivo della contemporaneit? pensata e agita dagliintellettuali delle scienze umane e sociali nel loro impegno pratico eapplicato? In tale domanda si riassumeva, sostanzialmente, il significatocomplessivo che avevamo inteso dare a quella sessione e che quiritorna in alcuni articoli, mentre abbiamo arricchito lo scenario attraversocontributi che indagano pi? da vicino il rapporto storico fral?Antropologia italiana e Gramsci, per una riflessione che ci apra stradealle domande che ci pone il presente.Collocare Gramsci in questo presente, implica ? com?? noto ?un?operazione fortemente rischiosa, richiedendo ? come Baratta haefficacemente sintetizzato per il confronto con Balibar ? ?unospostamento, una traduzione delle categorie gramsciane in una situazioneeconomica e politica, quindi anche culturale, da Gramsci non previstan? prevedibile e profondamente diversa? (2003, 191). Ma forse ? ilmaestro sardo stesso che ci indica come andare oltre lui stesso. Inquell?immensit? che sono i Quaderni si ritrova anche una restituzionedel pensiero vivente, in movimento; una teorizzazione che si nutre dicontraddizioni, che plasma non-categorie che sovvertono il principiodi non-contraddizione. Una dialettica costante attraverso la quale sirestituisce alla realt? il suo carattere di prisma. E il carattere diincompiuto stesso dei Quaderni (per analogia all?incompiuto michelangiolesco)apre alla possibilit?, forse facendo leva sull?ottimismo della volont? pi?che sul pessimismo dell?intelligenza, che Gramsci fra gli intellettualinon rimanga solo.2. Questo numeroIl dossier che presentiamo raccoglie quindici tra saggi, interventi einterviste. L?idea all?origine di esso traeva alimento, come si ? ricordatonella prima parte di questa Introduzione, dall?idea che una ripresa diinteresse per Gramsci da parte dell?antropologia ? intesa come disciplina distudio ? non potesse e non dovesse rimanere confinata entro limitiaccademici definiti, ma dovesse essere corroborata da un confronto conl?ambito pi? vasto delle scienze sociali. La necessit? di confrontarsi conil presente, inteso nella sua densit? strutturale, presuppone infatti lacapacit? di evitare le facili scorciatoie impressionistiche, consistenti nelricondurre fenomeni disparati sotto un?unica categoria, che in questomodo perde qualsiasi valore euristico, ovvero nell?interpretarli a partireda una sola prospettiva critica, come se tutto si potesse comprenderecon uno sguardo antropologico, o sociologico, o storico, ecc.Avvicinare teoria e pratica, storia e teoria, passato e presente,significa pertanto, a nostro avviso, avviare un discorso che necessariamentenon termina qui, ma che avr? avuto un significato se sar? servito adavviare un cammino comune a chi abbia interesse per unariaffermazione non estemporanea di Gramsci dentro il panorama del pensierocritico attuale.Necessariamente, si ? detto, il discorso non termina qui. Nei limiti ditempo che ci siamo dati, entro i termini stabiliti dai fatti stessi, il nostrosforzo ? consistito anzitutto nel fornire alcuni elementi per ? in questanavigazione in mare aperto nella quale oggi tutti, volenti o nolenti,siamo coinvolti ? fare il punto sulla mappa, e cio? anzituttoconquistare alcuni punti di riferimento per orientarci. Le diverse sezioni in cui ildossier ? suddiviso danno di questa mappa le grandi coordinate in cui,oggi o domani, dovremo muoverci.Cos?, la prima parte documenta anzitutto il modo in cui Gramsci, avario titolo e a partire da domande molto diverse, ? oggi unostrumento fecondo di analisi per l?antropologia. La seconda affondaverticalmente lo sguardo in modo quasi monografico entro una costellazionestoriografica rappresentata dal modo in cui Gramsci ?entr?? neldiscorso degli studi antropologici ed etnologici italiani, e cio? a partiredalla discussione sul folklore occasionata da un intervento di Ernestode Martino risalente al 1949(Intorno a una storia del mondo popolaresubalterno, pubblicato su ?Societ??). La terza d? esempi di alcune possibiliintersezioni disciplinari tra le questioni provenienti dall?antropologia, inprimo luogo quella ricca e problematica della ?subalternit?? inrelazione all??egemonia?, e prospettive di altra matrice, come quellapedagogica o quella storico-politica e letteraria. Infine, la quarta parte riuniscealcuni interventi che ? in modo pi? agile, e in un caso in forma diintervista ? toccano tutte le questioni presenti nelle precedenti tre: lasubalternit?, l?autonomia delle classi popolari, ma anche la presenzacarsica di Gramsci nella scienza antropologica in Italia e il rapporto tracultura (in senso antropologico) e altri ambiti disciplinari, come ildiritto.Il saggio di Elizabeth L. Krause e Massimo Bressan, Via Gramsci:Hegemony and Wars of Position in the Streets of Prato prende le mosse dallavirata xenofobica che ha conosciuto Prato, un distretto industrialeimportante ma anche singolare, per l?altissima percentuale di lavoratoriimmigrati, in grande maggioranza cinesi, che ? alla base della suastraordinaria espansione economica. In pochi decenni questa cittadina nonsolamente ? cresciuta, ma l?orientamento politico in essa dominantenelle elezioni del 2009 si ? spostato da sinistra a destra. Si ponepertanto, per gli antropologi, una doppia questione, riassumibile negli assidella globalizzazione e dello scontro tra ?classi?. Una comprensionerealistica di questi fenomeni richiede una preliminare critica dellesemplificazioni alle quali il concetto gramsciano di egemonia ? statosottoposto nella sua ricezione nel mondo anglofono, liberandolo dal?culturalismo? di cui ? stato impregnato e facendogli ritrovare la ricchezzaoriginaria. Anzitutto, il suo nesso con la pedagogia e l?etica, in secondoluogo, il suo necessario legame con le istituzioni della societ? civile, chefunzionano come mediatori del potere statale e che sono per?, inquanto organismi ?privati?, sempre aperti a forme diverse diorientamento. Per questo motivo gli autori usano il plurale (?wars ofposition?): per sottolineare questa apertura politica che il concetto diegemonia imprime al potere, se correttamente utilizzato per la suaanalisi.L?articolo di Veronica Redini, ?Un nuovo tipo umano?. Perun?antropologia del lavoro industriale a partire da ?Americanismo e Fordismo?, trae spuntodalle analisi contenute nel Quaderno 22 di Gramsci, per mostrarecome il capitalismo contemporaneo funzioni secondo una complessatrama di condizionamenti e influenze che abbracciano la sfera dellaproduzione e quella della riproduzione come un insieme. Il caso studiato? gli imprenditori italiani in Romania ? offre anche in questo caso, maa parti rovesciate, lo stesso d?calage tra culture e temporalit? registrabilea Prato, dando anche qui la possibilit? di mettere in luce l?utilit? dellacategoria di egemonia per la comprensione critica dei processi didominio e subordinazione.Il contributo di Redini fa riferimento a un paradigma concettualeprossimo a suggestioni foucaultiane e post-operaiste, ci? che la spingea mettere in luce non solamente ?come il capitalismo procedasimultaneamente nella produzione di merci e delle soggettivit? della forzalavoro?, ma a leggere la produzione di un ?nuovo tipo umano?, evocatoda Gramsci in relazione al fordismo, come un grande ?progettodisciplinare? organico alle logiche di sviluppo del capitalismocontemporaneo.Il saggio di Alessandro Simonicca, Recuperare la scalarit? del denso, traresistenza e studying up, pu? per alcuni aspetti accostato a quello diKrause e Bressan(non casualmente, entrambi gli scritti prendono le mosseda una discussione del libro di Kate Crehan Gramsci, Culture andAnthropology, del 2002), nel senso che si interroga sulle premesseepistemologiche che permettono di sfuggire a una duplice dicotomia: quella traesteriorit? e immedesimazione dello sguardo dell?antropologo rispettoalla cultura studiata, e quello tra resistenza e subordinazione all?internodi ogni cultura. Il punto di congiunzione tra questi due livelli, e chepotrebbe in questo senso aiutare a superare entrambi, ? identificato nellanozione di ?societ? civile?: ?? il continuo convertirsi di passato epresente apre ad una accezione di ?societ? civile? n? solo strumentale aldominio (non necessariamente lo Stato), n? solo antagonista al potere.Esiste una ?guerra di posizione? che ? al contempo lo specchio e illuogo della scomposizione di essa in movimenti sociali differenziati, lacui formazione risponde a due modelli fondamentali, la cooptazione dellae nella egemonia ideologica del potere da un lato, e dall?altro lacostituzione del/i movimento/i della contro-resistenza che porta all?opposizioneo al rifiuto, per raggiungere altre forme di libert? politica?.La stessa prospettiva ? che vorrei definire dialettica ? si rintracciaanche nell?articolo di Alessandro Deiana, Folklore come egemonia.Comprendere la cultura popolare; riconoscere la subalternit?; lottare sul terreno dellacultura? L?autore parte dalla premessa che per poter intendererealisticamente il folklore, esso non pu? essere separato dall?egemonia: ilfolklore esprime altrettanto le forme di vita delle classi popolari e l?eserciziosu di esse di un?egemonia che per l?appunto le istituisce comesubalterne, e pertanto incapaci di uscire dal folklore medesimo.Con Roberto Beneduce (History as Palimpsest. Notes on Subalternity,Alienation, and Domination in Gramsci, de Martino, and Fanon) entriamo nellaparte dedicata alla storia, anche se in questo particolare caso l?interessedell?autore va piuttosto a un metodo di carattere comparativo,funzionale a far emergere un altro metodo, che sia capace di far trasparire ilmodo nel quale i subalterni, il mondo popolare, gli oppressi, riscrivono? per cos? dire come in un palinsesto ? i propri ?discorsi? sotto il testogi? scritto dalle classi dominanti. A questo scopo l?autore suggerisce ?appoggiandosi ad Althusser e ad alcuni scritti pi? recenti di Livio Boni? di adottare un approccio ?sintomale?, nel duplice senso di unaricerca del non-detto e di un?indagine sulle forme della patologizzazionedelle classi inferiori, realizzata dalla costruzione egemonica ogni voltaoperante. Anche in questo caso (il ricorso a Chakrabarty da parte diBeneduce sollecita quest?ultima annotazione) ? in gioco non tanto unrifiuto o accoglimento di un approccio di tipo ?dialettico?, quantopiuttosto l?esigenza di una ridefinizione della dialettica stessa.I seguenti tre articoli (Gramsci in antropologia politica. Connessionisentimentali, monografie integrali e senso comune delle lotte subalterne di RiccardoCiavolella; Popolo, popolare, populismo di Fabio Dei e Gramsci?s ?PrisonNotebooks? and the ?re-foundation? of anthropology in post-war Italy di GinoSatta) esibiscono una certa compattezza, se non altro, perch? hanno comeriferimento comunque il ?nodo? rappresentato in grande partedall?adozione da parte di Ernesto de Martino, in un certo momento delsuo percorso, di una prospettiva esplicitamente gramsciana. Questacircostanza, gi? ricordata, ha impresso all?antropologia italiana unadirezione molto precisa, nella quale la questione dell?autonomia dellacultura folklorica entrava direttamente in relazione con la questionedell?egemonia e del tipo di rapporto che la cultura ?progressista?avrebbe dovuto stabilire tra ?popolo? e alta cultura, della quale fa parteevidentemente anche il marxismo. Questa fenditura di carattere?populista? presente nella cultura di sinistra italiana ? e assente in altre, comead esempio la francese ? spiega non solamente una serie di interventialtrimenti incomprensibili (si pensi solamente a Scrittori e popolo diAlberto Asor Rosa), ma colloca anche la discussione italiana gi? dasempre, per cos? dire, su di un piano che non solamente travalical?orizzonte di una ?politica di classe? strettamente intesa, ma anche ?come acutamente riconosce Fabio Dei ? al di ? di qualsiasi approcciostorico-materialistico alla politica che rimanga impigliato entro lemaglie dell?economicismo.La terza parte raccoglie contributi nei quali l?assesubalternit?/egemonia viene declinato in relazione a campi disciplinari cheintrecciano l?antropologia con altri saperi. Questa parte ? aperta da unoscritto di Eugenio Testa intitolato L?incanto del serpente. Gramsci incontrappunto tra Giorgio Baratta e Alberto M. Cirese, che ricostruisce il dialogotra queste due figure degli studi gramsciani i quali, per volont? diBaratta, a partire dalla primavera del 2008 intavolarono un fecondodialogo che, muovendosi tra filosofia, filologia e antropologia, tra metodi econtenuti, tra passato e presente, tra scienza e politica, diede uncontributo importante alla reintroduzione di Gramsci nel dibattitoantropologico italiano. Cirese ? in effetti, insieme a de Martino, l?altrogrande protagonista del ?gramscismo antropologico? italiano. Di unagenerazione pi? giovane di DeMartino, e sopratutto provenienente da unaformazione molto diversa, per certi aspetti opposta, Cirese cre? apartire dagli anni Sessanta uno spazio concettuale e d?indagine, entro ilquale ? fluita gran parte della seconda ondata della ricerca italiana,dopo l?esaurimento della prima, demartiniana, risalente agli anniimmediatamente successivi alla fine della guerra. Il nome di Cirese torna noncasualmente in molti altri contributi, ma ? qui in particolare che egli ?protagonista, insieme a Baratta, di un memorabile seminario sardo ?Nuoro 2008 ? che, insieme a quello dell?anno precedente, nella stessacitt? (entrambi furono ospitati dal locale Istituto Superiore RegionaleEtnografico) alimentarono nella rivista ?Lares? una serie di dossiermonografici che hanno aiutato a fare il punto ? per riprendere questaimmagine ? sullo stato della ricerca italiana e sul suo legame con ilproprio passato.L?articolo di Lelio La Porta, Lo studio ?disinteressato? come nuovo terrenoapplicativo della scienza dell?educazione, dirige l?attenzione verso la scuola,vista come un laboratorio nel quale pu? realizzarsi la traduzione inpratica della connessione tra Gramsci stabilita tra educazione, filosofia esenso comune, inteso come base della cultura in senso antropologico.Il concetto di ?disinteresse? assume qui una importanza cruciale,perch? in esso si condensa una relazione tra teoria e pratica, tra scienza esenso comune, tra maestro e discepolo, che tenta di sfuggire alladuplice riduzione del maestro a un controllore e verificatoredell?acquisizione di una serie di nozioni e saperi, e del discepolo a unprodotto passivo di un addestramento puramente funzionale e privo disignificato in s? stesso.Il contributo di Roberto Dainotto ? Filosofia, filologia, e il ?senso dellemasse? ? prende le mosse da un passo di Gramsci molto delimitato,contenuto nel Quaderno 1 e relativo a Hegel e a Marx, nel rispettivorapporto con lo Stato e la politica. Sulla base di un?accurataricognizione delle fonti da Gramsci tenute presenti, l?autore mostra come in quelpassaggio sia contenuta una questione attorno alla quale Gramsciconcentra la maggior parte dei suoi sforzi di studio e di comprensione neiQuaderni del carcere: il nesso tra Stato ed egemonia, ovvero il modo in cuil?esercizio dell?egemonia produce subalternit?, secondo un meccanismodal quale ? difficile evadere. Si tratta di un tema al centro della totalit?degli altri interventi: il rapporto tra subalternit? e resistenza, tradominio e produzione del consenso, etc., e il merito di questo scritto stanon solamente nell?averne mostrato in tutta la sua profondit? lapresenza dentro le pagine di Gramsci, ma anche nel mettere incollegamento queste pagine con tutta la storia del movimento operaio, che dasempre ? andato alla ricerca di una via d?uscita rispetto all?alternativatra ?sovversivismo? e ?integrazione?, tra settarismo e riformismo.Giungiamo cos? all?ultima parte del dossier, che raccoglie, come detto,interventi e un?intervista che si estendono ? ma in modo pi? rapido ? atutti i temi toccati nelle altre parti. L?intervento di Piergiorgio Solinas(Egemonia e gerarchia, tracce nei ?Quaderni del carcere?) pu? essere lettocome pendant dell?articolo di Dainotto, di cui svolge per cos? dire leimplicazioni metodologiche dal punto di vista dell?antropologia.Analogamente, anche quello di Luigi M. Lombardi Satriani (Pluralismo degliordinamenti giuridici e le ??nuove? credenze popolari? gramsciane: la sfida dellamodernit?), mettendo in evidenza la nozione di diritto implicito, diproduzione giuridica informale, legata al mondo popolare e alla concretaesperienza di vita delle masse, apre anch?esso una riflessione sul modoin cui sia possibile produrre forme di ?credenze popolari? chesfuggano al sistema dell?egemonia ufficiale. Il dossier ? completato da unapreziosa nota di Eugenio Testa Sul ?Regesto gramsciano? di Alberto M.Cirese, un progetto che nell?arco di un decennio (1975-1985) impegn?studiosi di Torino, Firenze, Siena, Roma e Cagliari alla redazione di unlessico antropologico dei Quaderni del carcere, e da un?intervista a PietroClemente (Gramsci ed io) in cui sono ripercorsi tutti i nodi presenti neldossier ed essi sono messi in collegamento con le inquietudini dellasociet? italiana della seconda met? del XX secolo, con le battaglieculturali, con il rapporto tra movimenti giovanili e partiti ufficiali dellasinistra, e infine con l?irrompere di una ?contemporaneit?? della qualefatichiamo e riconoscere i tratti ma che, come detto in principio, devepur avere un suo ?spessore?.Potremmo dirci soddisfatti se, almeno in parte e consapevoli dellemanchevolezze del nostro apporto, siamo riusciti con questo dossierper lo mano a far sospettare l?esistenza di questo ?spessore? econvincere dell?opportunit? di cercare ancora una volta in Gramsci qualchedomanda che ci illumini, se non pi? delle piene risposte.Il fascicolo ? chiuso da una recensione che un giovane studiosofrancese, Anthony Cr?z?gut, ha dedicato all?ultimo libro di Andr?Tosel. Recentemente scomparso (il 14 marzo 2017), Tosel era il testimonedi una lunga fedelt? a Gramsci. Questa lunga e appassionatarecensione, oltre a rendere omaggio alla figura e all?opera del sottile interprete,del docente appassionato, dell?intellettuale engag?, del filosofo marxista,aspira a riaprire anche in Francia una vera discussione sul significatodella filosofia della praxis.Asor Rosa A. 1964 , Scrittori e popolo. Saggio sulla letteratura populista in Italia , Roma, Samon? e Savelli.___________ 1987, Il Principe e i poveri, ?la Repubblica?, 11 aprile 1987 .Baratta G. 2003 , Le rose e i quaderni . Il pensiero dialogico di Antonio Gramsci , Roma, Carocci.Clemente P. 2008 , Prima voce, in Editoriale a tre voci , ?Lares?, 74 , 2008 , n. 2, pp. 241 - 244 .Crehan K. 2010 , Gramsci, cultura e antropologia, trad. it. di F. Cezzi , Lecce, Argo, 2010 (ed. or. 2002 ).Debenedetti G. 1972 , Il metodo di Antonio Gramsci. 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